Realazione di Giambattista Cadoppi: "Sull’interpretazione degli
avvenimenti sul Fronte Orientale nel corso della Seconda guerra mondiale in
Occidente"
Sul Fronte Orientale si
è svolta la più grande guerra nella storia dell’umanità: per numero di
morti, per estensione, per il carattere tragico e per le sue conseguenze.
Inevitabilmente la Bielorussia è stata il teatro principale di questa guerra
sia perché le truppe naziste attaccarono come linea principale in questa
direzione sia perché le battaglie per l’Operazione Bagration si svolsero su
questa direttrice. Il risultato è stata la devastazione del territorio della
Bielorussia. Inoltre, molte delle operazioni antipartigiane dei nazisti si
svolsero in Bielorussia che è ricordata anche, nella tradizione orale e nella
cultura popolare, come la terra dei partigiani.
Senza la vittoria
dell’Armata Rossa, un risultato descritto dallo storico Geoffrey Roberts come
«la più grande impresa d’armi nella storia del mondo», la Germania avrebbe
molto probabilmente vinto la guerra, perché avrebbe acquisito il controllo dei
giacimenti petroliferi del Caucaso, i ricchi terreni agricoli dell'Ucraina e
del Nord del Caucaso e molte altre ricchezze delle vaste terre sovietiche. La
Germania poteva diventare una potenza imbattibile se avesse distrutto l’Armata
Rossa.
Gli Stati Uniti hanno
sempre cercato di convincere i propri connazionali e il resto del mondo che
furono gli americani a fermare il fascismo e infine a sconfiggere Hitler, ma
ciò è dovuto al loro patologico narcisismo. Tanti importanti storici
occidentali e americani hanno mosso obbiezioni questo modo di pensare.
Lo storico militare americano
David Glantz scrive che una rivista americana, nel cinquantesimo anniversario
dello sbarco in Normandia del 1944, presentò una foto di copertina del generale
Dwight D. Eisenhower, acclamandolo come l'uomo che sconfisse Hitler. Se
qualcuno avesse meritato questa reputazione, sostiene Glantz, non sarebbe stato
Eisenhower ma Zhukov, Vasilevsky, o forse lo stesso Stalin. Più in generale,
l'Armata Rossa e i cittadini sovietici di tante nazionalità fecero la parte del
leone nella lotta contro la Germania dal 1941 al 1945. Solo la Cina, che ha
subito un attacco giapponese quasi continuo dal 1931 in poi, ha eguagliato il
livello di sofferenza e sacrificio dei sovietici.
Gli storici occidentali
hanno creato l'impressione che l'offensiva britannica di El Alamein e lo sbarco
degli alleati nei paesi del Nord Africa nel novembre 1942 segnino una svolta
nella lotta contro i "paesi dell'asse". Nell'Enciclopedia Storica della
Seconda guerra mondiale, pubblicata negli Stati Uniti nel 1989, gli autori
hanno dedicato 168 righe alla battaglia di El Alamein e solo 93 alla battaglia
di Stalingrado[1].
Nel dizionario storico-militare di Thomas Harbottle, Dictionary of Battles,
si afferma che El Alamein fu una delle battaglie decisive della Seconda guerra
mondiale[2],
una valutazione superiore a quella della Battaglia di Stalingrado. L'evento più
importante della guerra mondiale secondo molti storici occidentali è lo sbarco
degli Alleati in Normandia nel giugno del 1944 che a confronto con le grandi
battaglie del Fronte Orientale risulta quasi una scaramuccia.
Anche il generale
Marshall, ex-capo di Stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, in un
rapporto al presidente Roosevelt, scrisse che la svolta della guerra è iniziata
a Stalingrado e a El Alamein. Anche questa affermazione non è corretta, dal
momento che sul fronte sovietico-tedesco i nazifascisti avevano, nell’autunno
del 1942, 226 divisioni, mentre nell’Africa settentrionale avevano – al momento
della battaglia di El Alamein – solo dodici divisioni, di cui otto italiane.
Sul fronte orientale i
combattimenti, che infuriarono per 4 anni, coinvolsero 400 divisioni tedesche e
sovietiche; il fronte stesso si estendeva per 1.600 km. Nel frattempo, le
offensive sul fronte occidentale coinvolsero 15-20 divisioni al
massimo. L'armata tedesca subì l'88% delle perdite sul fronte orientale. Le
cifre possono divergere ma non nell’ordine di grandezza. Secondo David Glantz e
Jonathan House, l’Armata Rossa inflisse circa l'80% (oltre 3,5 milioni di
soldati morti) di tutte le perdite sofferte dalle forze terrestri tedesche
(Wehrmacht e Waffen-SS) durante l'intero conflitto. Fu l'Armata Rossa a
impedire ai tedeschi di portare a termine le importanti offensive nel 1943 e
soprattutto sconfiggendo a Kursk alle truppe germaniche, fece sì che i tedeschi
perdessero ogni capacità di offensiva strategica.
Il ruolo chiave
dell'armata sovietica nella Seconda guerra mondiale sarà così evidente agli
storici che in futuro USA e Gran Bretagna verranno semplicemente accreditate per
aver fornito un supporto, seppur importante, Questa guerra, come ha detto
qualcuno, sarà ricordata come “la guerra tedesco-sovietica”.
Il revisionismo della Seconda
guerra mondiale minimizza il ruolo prominente del Fronte Orientale e
dell’Armata Rossa, ma sottacere anche la pesante sconfitta della Francia e
delle truppe britanniche in Francia e Belgio, e poi in Grecia. Si cerca di
parlare il meno possibile della "strana guerra".
Ovviamente gli storici
occidentali tendono a rafforzare il mito della funzione decisiva degli aiuti
occidentali (Lend-Lease), elemento fondamentale nella percezione sbagliata che
l'Occidente ha della guerra.
Soprattutto la visione
occidentale della guerra fu plasmata dai media, da Hollywood che superò
nettamente la cinematografia sovietica che non aveva mercato in Occidente, per
cui noi occidentali abbiamo visto 99 film fatti a Hollywood e (forse) uno fatto
in Unione Sovietica. Sebbene per avere una visione il più possibile realistica
occorreva averne visto almeno 80 di produzione sovietica e 20 di produzione
occidentale. Il film di Elem Klimov (Idi i smotri) è pressoché sconociuto in
Occidente.
I sondaggi IFOP sul
contributo militare dell'Unione Sovietica e degli Stati Uniti alla vittoria sui
nazisti si sono, tra il maggio 1945 e il maggio 2015, praticamente invertiti: il
57% degli intervistati propendeva per il ruolo determinante giocato dall'URSS
alla prima data (20% per gli Stati Uniti); Oggi invece il 54% propende per il
ruolo maggiore giocato dagli Stati Uniti, fino al 59% tra quelli sotto i 35
anni, vittime principali della scarsa attenzione data dell'insegnamento della
storia.
È del tutto naturale
che data questa sproporzione l’opinione prevalente in Occidente sia che si
ignorino le sofferenze patite dalle popolazioni sovietiche e in particolare dalla
Bielorussia.
Allo scoppio della
Seconda guerra mondiale, la Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia
contava 9,2 milioni di abitanti. Cosicché sul territorio bielorusso occupato
dai nazisti più di 8 milioni di persone finirono stabilmente sotto occupazione,
oltre a 900mila prigionieri di guerra sovietici.
Il primo passo degli
occupanti è stata l’introduzione di restrizioni alle libertà civili della
popolazione locale dichiarando lo stato di emergenza. L’intera popolazione
residente nel territorio occupato era soggetta a registrazione obbligatoria
nelle amministrazioni locali. Le attività di tutte le organizzazioni sono state
vietate, così come lo svolgimento di raduni e riunioni. È stato introdotto un
controllo degli accessi nelle varie località ed era in vigore il coprifuoco.
Dai primi giorni della guerra, i tedeschi hanno effettuato massicce epurazioni:
hanno ucciso comunisti, membri del Komsomol, commissari politici, funzionari
dello stato sovietico, rappresentanti dell’intellighenzia.
Alla fine del 1945, il numero
dei cittadini bielorussi era sceso a 6,3 milioni[3]. L’amministrazione
tedesca ha perseguito una politica di genocidio, rapina e violenza. Tutto
questo è avvenuto secondo il Generalplan Ost.
La popolazione della
Bielorussia ha dovuto effettuare pagamenti in natura insopportabili. Queste
misure, attuate dall’amministrazione tedesca sul territorio della Bielorussia,
hanno contribuito all’ascesa del movimento di liberazione. Dai primi giorni
della guerra, i bielorussi iniziarono a resistere ai nazisti. Dopo
l’introduzione di varie restrizioni e tasse, il malcontento tra la popolazione
civile è cresciuto in modo esponenziale, il che ha permesso di organizzare con
successo il movimento partigiano[4].
Come riporta un testo scolastico:
"Nella guerra partigiana contro gli occupanti fascisti tedeschi della
nostra repubblica, fianco a fianco con la popolazione bielorussa (71,9 per
cento) hanno partecipato russi (19,29 per cento), ucraini (3,89 per cento),
lituani, lettoni, georgiani, kazaki, armeni, uzbeki, azeri, moldavi, ebrei,
figli e figlie di più di settanta nazionalità dell'Unione Sovietica"[5].
Per combattere la
resistenza anti-tedesca, furono ampiamente utilizzate spedizioni punitive,
oltre 140. Intere aree sono state distrutte, trasformandosi in “zone
desertiche”. Durante tutto il periodo dell’occupazione tedesca, secondo le
statistiche sovietiche, 209 città e 9.200 villaggi bielorussi furono distrutti
di cui 628 insediamenti furono annientati insieme a tutti gli abitanti e 2,23
milioni di cittadini sovietici furono uccisi nel territorio della Bielorussia[6]. Khatyn’
è la versione bielorussa dell’italiana Marzabotto. Un intero villaggio
distrutto assieme ai suoi abitanti: 149 persone, di cui 75 bambini — furono
uccisi dai nazisti. Il più giovane abitante di Khatyn’ aveva solo sette
settimane. Ci sono state "non uno,
o due, ma 627 Lidice e Oradours in Bielorussia", ha osservato lo scrittore
bielorusso Ales' Adamovich. "A Buchenwald è stato ucciso un detenuto su
cinque (50mila su 250mila]), in Bielorussia una persona su quattro. La campagna
bielorussa è stata trasformata in un campo di concentramento"[7].
La prima spedizione
punitiva ebbe luogo nel luglio-agosto 1941. Durante l’operazione, i nazisti
hanno ucciso 13.788 persone. Nel rapporto sui risultati di una di queste
spedizioni (luglio-agosto 1943), il comandante riferì a Berlino che 4.280
persone furono uccise, 20.944 furono fatte prigioniere, compresi 4.180 bambini.
I soldati tedeschi requisirono parecchie migliaia di polli, mucche, vitelli,
pecore, maiali e oltre 100 veicoli agricoli, il tutto per affamare la
popolazione.
I nazisti usavano
spesso i bambini come “donatori” di sangue. La popolazione locale era coinvolta
nello sgombero delle aree minate, era uno scudo umano nelle operazioni di
combattimento contro i partigiani e le truppe dell’Armata Rossa.
L’amministrazione tedesca ha utilizzato la deportazione della popolazione per
il lavoro forzato in Germania e i territori occupati. Circa 400mila persone, i
cosiddetti ostarbeiter, sono state deportate dalla Bielorussia. 186mila
bielorussi sono morti sul lavoro.
La parte “razziale” del
genocidio è stata eseguita con particolare crudeltà: ebrei, zingari, malati
fisici e mentali furono eliminati. Nelle città furono organizzate zone speciali
di residenza degli ebrei: i ghetti. In totale, secondo varie fonti, da 111 a
più di 200 ghetti furono creati in Bielorussia.
Sono stati creati 260
campi di concentramento e di sterminio. Il più grande era il campo di sterminio
di Trostenets, nel quale furono uccise 206.500 persone.
Vasil' Zakhar'ka, offrì
l'alleanza tra la Rada della Repubblica Popolare Bielorussa in esilio, il
successore dello stato fantoccio creato durante l'occupazione tedesca nel 1918,
e la Germania nazista, augurando a Hitler "una rapida e decisiva vittoria
sul regime giudeo-bolscevico su tutti i fronti". Ma il collaborazionismo
ebbe scarso seguito in Bielorussia. Nella loro corrispondenza interna, i
nazisti si lamentarono dello scarso entusiasmo della popolazione locale nel
commettere atti di violenza antiebraica: i bielorussi "non sembravano
capire il problema razziale posto dagli ebrei". Nell'agosto del 1941 le Einsatz-gruppen
riportarono che "non c'è praticamente nessuna coscienza nazionale nell'area.
Manca anche un pronunciato antisemitismo"[8].
La distruzione di massa
della popolazione è stata effettuata da speciali gruppi: dalle Einsatzgruppen,
Einsatzkommandos del Sicherheitsdienst (SD), e con il supporto della polizia
locale collaborazionista, la Schutzmannschaften. Le autorità occupanti
inizialmente incontrarono notevoli difficoltà nel trovare collaboratori
bielorussi affidabili, e durante il primo anno dell'occupazione molti
Schutzmänner in Bielorussia erano volontari provenienti da Lituania, Ucraina e
Lettonia. Alla fine dell'estate del 1941 i nazisti inviarono in Bielorussia un
certo numero di formazioni armate filofasciste ucraine e un battaglione
lituano, che sono stati utilizzati per combattere i partigiani e partecipare
alla distruzione di massa della popolazione. Il genocidio del popolo bielorusso
fu opera, dunque, dei nazisti con l'assistenza di collaboratori lettoni,
lituani e ucraini[9].
Secondo i rapporti del dodicesimo battaglione lituano, solo nel periodo tra il
5 ottobre e il 7 novembre 1941 furono sterminate oltre 43mila persone nel
territorio della Bielorussia.
Il Generalkommissar Wilhelm
Kube progettò di radere al suolo Minsk e sostituirla con un insediamento
tedesco, chiamato Asgard[11].
Tutte le risorse
economiche e naturali delle aree occupate furono dichiarate proprietà tedesca.
È stato introdotto il servizio di lavoro obbligatorio. L’essenza della politica
economica nell’Europa orientale (inclusa la Bielorussia) può essere giudicata
in base alle richieste di Goering ai Reichskommissar nell’agosto 1942: «Venite
mandati lì per lavorare per il benessere della nostra gente, e per questo è
necessario rubare tutto il possibile. Allo stesso tempo, non m’importa
assolutamente se le persone delle regioni occupate muoiono di fame. Lasciateli morire affinché i tedeschi possano vivere».
[1] Baudot M., Bernard H., Brugmans H., The
Historical Encyclopedia of World War II, 1989.
[2] Harbottle T., Bruce G., Harbottle’s Dictionary of
Battles, Harper Collins Distribution Services; Revised edition edizione (26
luglio 1971)
[3]Gerlach C., Kalkulierte Morde: Die deutsche
Wirtschafts-und Vernichtungspolitik in Weißrußland 1941 bis 1944 (Hamburg:
Hamburger Edition,1999)
[4] Пыхалов И. В., Великая оболганная война (Яуза, Эксмо,
2011).
[5]Khatskevich A. F., Kriuchok R. R., Stanovlenie partizanskogo dvizheniia v Belorussii i druzhba narodov SSSR, (Minsk:Nauka i tekhnika, 1980).
[6] Dean M., Collaboration in the Holocaust: Crimes of the
Local Police in Belorussia and Ukraine, 1941–44 (New York: St. Martin’s
Press, 2000)
[7]Adamovich A.; “Zapisnye knizhki raznykh
let,” Nëman: Ezhemesiachnyi literaturno-khudozhestvennyi i
obshchestvenno-politicheskii zhurnal, no. 7 (July 1997).
[8] Rein L., “Local Collaboration in the Execution of
the ‘Final Solution’ in Nazi-Occupied Belorussia,” Holocaust and Genocide
Studies 20, no. 3 (Winter 2006):
[9] Litvin A., Akupatsyia Belarusi: Pytanni supratsivu
i kalabaratsyi (Minsk: Belaruski knihazbor, 2002).
[10] Nazi Conspiracy and Aggression: Volume III
(Office of United States Chief of Counsel for Prosecution of Axis Criminality
OCCPAC). Washington, D.C.: USGPO. 1946. pp.783–789.
[1] Baudot M., Bernard H., Brugmans H., The
Historical Encyclopedia of World War II, 1989.
[2] Harbottle T., Bruce G., Harbottle’s Dictionary of
Battles, Harper Collins Distribution Services; Revised edition edizione (26
luglio 1971)
[3]Gerlach C., Kalkulierte Morde: Die deutsche
Wirtschafts-und Vernichtungspolitik in Weißrußland 1941 bis 1944 (Hamburg:
Hamburger Edition,1999)
[4] Пыхалов И. В., Великая оболганная война (Яуза, Эксмо,
2011).
[5]Khatskevich A. F., Kriuchok R. R., Stanovlenie partizanskogo dvizheniia v Belorussii i druzhba narodov SSSR, (Minsk:Nauka i tekhnika, 1980).
[6] Dean M., Collaboration in the Holocaust: Crimes of the
Local Police in Belorussia and Ukraine, 1941–44 (New York: St. Martin’s
Press, 2000)
[7]Adamovich A.; “Zapisnye knizhki raznykh
let,” Nëman: Ezhemesiachnyi literaturno-khudozhestvennyi i
obshchestvenno-politicheskii zhurnal, no. 7 (July 1997).
[8] Rein L., “Local Collaboration in the Execution of
the ‘Final Solution’ in Nazi-Occupied Belorussia,” Holocaust and Genocide
Studies 20, no. 3 (Winter 2006):
[9] Litvin A., Akupatsyia Belarusi: Pytanni supratsivu
i kalabaratsyi (Minsk: Belaruski knihazbor, 2002).
[10] Nazi Conspiracy and Aggression: Volume III
(Office of United States Chief of Counsel for Prosecution of Axis Criminality
OCCPAC). Washington, D.C.: USGPO. 1946. pp.783–789.
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